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venerdì 29 agosto 2008

Cambogia/1

Prima di partire per questo viaggio la Cambogia era per me era uno di quei posti di cui sì conosci l'esistenza, ma in fondo pensi che non avrai mai motivo di andarci.
Il primo impatto è stato forte, anche se in parte ero preparata ad un viaggio diffcile dalla Thailandia, relativamente moderna e ricca, ad uno dei Paesi più poveri del mondo.
Poipet è una città di frontiera nella quale il primo desiderio è quello di scappare il prima possibile: strade polverose uniscono baracche e casinò dall'aspetto squallido, venditori ambulanti che trascinano i loro carretti fino al confine, procacciatori famelici ed in lontananza il rudere di una stazione ferroviaria distrutta dai Khmer Rouge, simbolo di un passato che ha segnato profondamente la Cambogia e che è tuttora presente.
Da Poipet a Siem Reap 150 km di strada non asfaltata con crateri al posto delle buche: pare che una compagnia aerea thailandese paghi mazzette al governo per non farla asfaltare e constringere quindi i turisti che non vogliano sobbarcarsi un viaggio scomodissimo ad andare a Siem Reap in aereo e pagare tariffe a dir poco gonfiate.
Siem Reap è una cittadina nata grazie all'enorme attrattiva turistica dei templi e la relativa ricchezza, ma, come nel resto del Paese, lo Stato non esiste: non c'è illuminazione pubblica, strade asfaltate, polizia, servizi pubblici, tutto è demandato alle iniziative dei singoli. La gente è cordiale, rispettosa, dignitosissima nonostante la sua povertà tanto che la quasi totale assenza di criminalità comune sorprende noi occidentali, ossessionati come siamo dalla paura della criminalità.
I templi di Angkor sono una meraviglia del mondo, partendo dal poderoso Angkor Wat fino al più remoto tempio divorato dalla giungla. I cambogiani non si curano molto di preserlarli, sono di certo più interessati dai soldi che arrivano a fiumi grazie ad essi e controllano mille volte il biglietto, ma non che i turisti non si portino a casa qualche souvenir; per non parlare poi dei venditori, spesso bambini di non più di 8 anni, che assillano ad ogni passo.
Dopo i templi tappa a Phon Penh, capitale della Cambogia, da dove partiremo per Kuala Lumpur. L'impatto con la città è a dir poco traumatico: arriviamo di notte e la confuzione, l'assenza di illuminazione, la sporcizia e gli odori delle strade ci danno immediatamente l'impulso di scappare via prima possibile, ma contemporaneamente il desiderio di esplorare una realtà così diversa da quella in cui siamo abituati a vivere.
Il giorno dopo ci accoglie una città che non ha praticamente automobili ma solo vecchi motorini su cui i cambogiani viaggiano anche in quattro, una città caotica ma non invadente come Bangkok.
La città conserva ancora tracce del passato coloniale francese accanto ad una modernità che stenta ad affermarsi, visitiamo il Palazzo reale, la Silver Pagoda, ma soprattutto il Tuol Sleng, vecchio luogo di detenzione dei Khmer Rouge.
Foto, luoghi, oggetti ricordano in maniera a dir poco sconvolgente un regime dittatoriale che ha ucciso 1,7 milioni di persone ed ha reso la Cambogia uno dei Paesi più minati al mondo, un passato di sangue che si vede ancora nei numerosissimi mutilati e nella totale assenza di un'intera generazione (difficilissimo incontrare cambogiani sopra i 40 anni di età).
Partiamo un po' felici ed un po' tristi di lasciare una terra di povertà che turba ma di persone che sanno essere felici molto più di noi e sanno accoglierti con un sorriso vero.

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