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martedì 3 aprile 2012

Una sera a teatro con Chatroulette


Di solito non leggo mai i fogli di sala prima di vedere uno spettacolo di teatro o danza contemporanei. Mi piace, invece, formarmi una mia personale percezione di quello che l'autore vuole comunicare e poi, diciamocelo, nella maggior parte dei casi i testi che dovrebbero "spiegare" la poetica dell'artista sono del tutto incomprensibili, sembra quasi che facciano a gara a chi scrive le frasi più pretenziose e cervellotiche, quasi come se la semplicità fosse sinonimo di banalità e il non farsi comprendere un merito.
Dell'immaginario pop di Alessandro Sciarroni mi ero innamorata già anni fa vedendo due suoi lavori al Festival Ammutinamenti, quindi la scorsa estate non mi sono fatta scappare l'occasione di assistere al suo nuovo spettacolo Joseph.

Il performer è solo, di spalle di fronte ad un computer acceso. L'immagine rimbalza su un maxi schermo a favore di pubblico, occupando di fatto tutta la scena. La figura umana di muove, danza, ma lo sguardo dello spettatore non può che essere catturato dalla potenza dell'immagine proiettata. Quello che Sciarroni fa, di fatto, è quello che quasi tutti quelli che hanno un Mac hanno fatto almeno una volta, cioè cazzeggiare con Photo Booth divertendosi a decomporre e trasformare la propria immagine in una sorta di danza pop. Nella seconda parte dello spettacolo il performer si collega in diretta su Chatroulette, social network che connette utenti a caso via chat e web cam, e si mostra "trasformato" a esibizionisti, ragazzini brufolosi e guardoni che non sempre si rendono conto che ad osservarli c'è anche un teatro intero e che diventano oggetti inconsapevoli di un gioco molto più voyeuristico del loro.

Joseph, di solito, è uno spettacolo che divide molto: o lo si trova geniale o "una cagata pazzesca", il rischio vedendolo, soprattutto per chi è avvezzo al mondo della tecnologia e della comunicazione via web, è quello di fermarsi alla superficie delle cose, considerando cioè un giochino divertente ma vuoto, condito da qualche immagine porno che Chatroulette immancabilmente regala (io ho assistito allo spettacolo due volte e tutto quello che visto sono state due paia di tette, ma in altri teatri si sono visti cazzi a bizzeffe).
Se da una parte Sciarroni ed io che mi faccio le foto alla cazzo davanti a Photo Booth utilizziamo lo stesso mezzo, dall'altra quello che fa la differenza (e che non fa di me, purtroppo, un'artista) è il contenuto che viene trasmesso: una sensazione di svuotamento identitario, che rende la figura davanti al computer un pallido simulacro che attraverso la  tecnologia si frammenta e si trasformata, ma, anche se può collegarsi con il mondo intero ed essere (o non essere) qualsiasi cosa voglia, sostanzialmente è drammaticamente sola.


1 pensieri:

chat online ha detto...

Adoro chattare, lo farei per tutto il giorno.